Come d’incanto i racconti di Enzo e Raffaele hanno risvegliato i miei ricordi. Mi sono rivista bambina, a quattro-cinque anni, con un vestitino celeste che aveva delle belle applicazioni bianche fatte da mia sorella Domenica con molta fantasia. Con lei e zia Bice cantavo, cantavo spesso ‘Lilì Marlene’, una canzone molto in voga in quegli anni di guerra ed amata in particolare dai tedeschi. Cantavo dunque ‘Lilì Marlene’, ignara di quello che succedeva davanti alla piazzetta sotto il forno, quando arrivarono i tedeschi in motocicletta. Ero tanto piccola e quando mi sentirono cantare quella canzone si commossero, forse ricordando la loro terra… Mi presero in braccio e mi regalarono dei dolci, cercando di rassicurarmi delle loro buone intenzioni. Con me c’erano altri bambini, non ricordo bene quali: forse Osvaldo, Domenico, Enzo, Wanda ed anche Claudio e Nello, emigrati poi per l’Argentina. Nei giorni seguenti, sollecitata da zia Bice, tornavo sotto le finestre della scuola per cantare ‘Lilì Marlene’ e i tedeschi mi lanciavano sempre le caramelle. Poi ricordo i vecchi scavare delle buche negli orti per nascondere patate, grano e altro, per paura che i tedeschi ci portassero via il cibo… e le nostre mamme parlottare fra loro e poi incamminarsi con delle ceste; alle nostre domande rispondevano di andare in cerca di ghiande... oggi so che portavano da mangiare ai prigionieri inglesi nascosti alle ‘Maciun&’. A guerra finita, negli anni Sessanta, due di quei prigionieri tornarono alla Fonte per ringraziarci. Portarono con loro tanti pacchi di lana, proprio per tutti. E ricordo ancora Raffaele e Ottavio di Clarice vestiti da prete mentre raccontavano a mio padre Guido di avere ascoltato a L’Aquila un comizio di Mussolini, in cui il Duce chiedeva con la solita retorica: “Volete voi la guerra?” Tutti avevano risposto di sì… E il commento di mio padre, che di guerre ne aveva fatte due, fu: “Dio li perdoni, non sanno cos’è la guerra!”
(Antonietta D’Ascenzo)