RADICI DI EMIGRANTE

 

A Giacinto Lucantonio che col suo “Obsoletario fontanaro”, ha riaperto la mia memoria. 

Colui che non ha mai dimenticato la sua origine non puo’ capire.  Io sono stato davanti  ai miei ricordi poco tempo fa, e la mia memoria si è riaperta come un libro dimenticato per anni su uno scaffale, mozzato dall’umidità e dalla polvere… Forse qualcuno in paese ricorderà e potrà riempire i vuoti della mia memoria (penso particolarmente ad Aurora, Rina, Renzo, Duilio, Antonietta, Leda e altri). Mi vengono i ricordi ma non la cronologia…

Sulla piazza davanti al forno comunale, un pomeriggio, io e altri ragazzi della mia età, (ma chi esattamente?) giocando, forse dopo la scuola. Arrivano due o tre motociclisti tedeschi,  si avvicinano sorridenti con in mano qualche  dolce… ecco le mamme che si avvicinano, gridando  ci portano via per allontanarci come se fossero diavoli… chi c’era in piazza quel giorno? Certamente gli stessi con i quali un giorno  abbiamo immaginato di costruire una bicicletta per andare da là alla Rocca. Molti anni dopo, in Francia, mamma canta qualcosa che non capisco, ma che mi preoccupa: «Mamma, ma questa è una canzone inglese…It’s a long way to tiperary’, come la conosci ?» E mamma: ‘i soldati inglesi della R.A.F. che noi abbiamo nascosto e sfamato durante la guerra c’imparavano le canzoni del paese loro’

Ricordi ancora.

Sembra che l’inverno scorso abbia molto nevicato sul paese… mi sono ricordato di un inverno di guerra, la neve era tanto alta che non vedevo niente camminando nei vicoli fatti per il paese.. e, dopo scuola le belle scivolate  vicino alla casa di zia Clarice. In quel tempo la scuola si faceva in una stanza sopra al forno comunale che ci riteneva il giorno di pane e di pizza… (chi ricorda il sapore del pane di granoturco?). Cambiamo stagione. Chi ricorda la trebbiatrice che a quei tempi sostava sull’aia sopra il paese (ne ho dimenticato il nome)?  Per noi ragazzi era tutto gioco saltare dal muro che sorpiomba la strada di TERRANERA sul mucchio di paglia… quel giorno, per sfortuna, avevo le scarpe e ne ho persa una nella paglia… non vi dico le grida e le lacrime, la sera a casa…

La casa. Abitavamo dietro la chiesa presso zi Felice, al primo piano. Vi si saliva da una brutta scala di pietra (tanto brutta che per molti anni, anche in Francia, ho sognato che volavo invece di scendere gli scalini). Una delle finestre dava sulla vallata dietro e l’altra  su via dell’arco proprio dove abitava nonno Pasqualino di fronte alla casa di Capitucce… Nonno che masticava la cicca del suo toscano dalla mattina alla sera… anche li ci si saliva … ma si sale dappertutto in paese. La casa di nonno è anche un luogo di ricordi. Ho pestato l’uva in un tinozzo sul tavolo della sala per fare il vino. Li ho mangiato per la prima volta, a Natale, un’arancia e il torrone. Eccoci  di nuovo a Natale, in paese c’è stata la prima neve e il primo pranzo di cinghiale. ASTERIX non è solo un eroe francese ma una figura universale. Finalmente tutte u munne è un paese.

(Enzo Lucantonio)