PROFUMO DI MANDARINI

 

Ho sempre pensato che nascere alla Fonte e poterci passare gli anni più belli della vita sia stato per me una fortuna immensa. Non lo dico solo per il posto che è stato e rimane un piccolo paradiso ma anche e soprattutto per i fontanari che ho sempre ritenuto gente pronta a darti una mano nel momento del bisogno. Ora che sono una persona adulta e che sfortunatamente non ho più la possibilità di vivere nel mio paese mi accorgo di quello che ho lasciato. L’infanzia e l’adolescenza sono le stagioni della vita che dovrebbero rimanere indimenticabili e per me lo sono state. La prima cosa che mi torna in mente è la scuola. Prima della sua chiusura c’era un’unica classe dove venivano riuniti tutti gli alunni della scuola elementare. Era bello condividere le emozioni con chi stava crescendo insieme a te. Se chiudo gli occhi rivedo quella stufetta a legna che serviva a riscaldarci nei lunghi inverni e che nella ricreazione veniva usata per fare il caffè alla maestra; a quel profumo si mescolava l’odore inconfondibile delle bucce di mandarino che ci mettevamo sopra. Sensazioni uniche che ti restano dentro… Gli anni passano e in un batter d’occhio ti ritrovi adolescente, cominciano i batticuori e fatalmente sboccia il primo amore, insieme alle piccole bugie riservate ai propri genitori. L’inverno trascorreva tra la scuola e il “club” che ho sempre considerato una sorta di piccola “isola del tesoro”. Nei lunghi pomeriggi domenicali radio e tivù sempre accese per seguire le partite e sperare nella schedina giocata tutti insieme. L’estate fontanara volava via tra infinite partite di pallavolo in piazza o di pallone a terra rotonda, chiacchierate sulla scalinata o ai tavoli del bar, le canzoni accompagnate dal suono della chitarra, le spaghettate alle due di notte e il glorioso torneo di calcio dell’altopiano che trasferiva quasi tutto il paese; la sera si passeggiava assaporando quell’aria fresca che riempiva di vita i nostri giovani polmoni. Il culmine si toccava per l’attesissima festa di ferragosto con gli spettacoli sulla piazza gremita come mai. Dopo pochi giorni però faceva capolino la malinconia quando si salutavano gli amici che avremmo rivisto solo dopo un anno. Qualche lacrima era d’obbligo, allora non c’erano telefonini né facebook e quindi i contatti erano ridotti a qualche letterina. E così ci si ritrovava di nuovo in pochi a fronteggiare un nuovo bianco inverno. Qualche volta ho raccontato ai miei figli e ai loro amichetti queste cose e loro un po’ perplessi mi chiedevano se stessi scherzando. No ragazzi, non sto scherzando…e non cambierei la mia infanzia semplice di ieri con quella tecnologica di oggi…  

 

(anonimo)