Nevicate d’altri tempi
Tanti anni fa, ai tempi della mia infanzia, la neve alla Fonte cadeva abbondante per mesi e mesi. Capitava di andare la sera a letto con il cielo stellato e svegliarsi al mattino con un metro di neve. Si capiva subito che c’era la neve dal silenzio ovattato e innaturale, poi arrivava il rumore delle pale che aprivano le vie per poter uscire. In ogni casa, dietro la porta, insieme alla scopa c’era una pala ma qualche volta si doveva uscire dalla finestra perché la neve aveva coperto anche la porta d’entrata! Gli spazzaneve non esistevano ancora o meglio esistevano ma non alla Fonte; così ad aprire le vie di comunicazione con i paesi vicini provvedevano gli uomini del paese. Ad esempio per ripulire la strada per Rocca di Mezzo si univano gli abitanti della Fonte e quelli di Terranera. Per andare all’Aquila invece si doveva aprire la strada che portava all’ ‘Arifrata’, poiché la via che oggi unisce la Fonte al capoluogo allora non c’era. L’isolamento della Fonte era totale, facendoci sentire più sfortunati dei paesi vicini. Fu appunto in uno di quegli anni che accadde un fatto incredibile.Era l’8 febbraio 1954, c’era tantissima neve e mio nipote Mario (al quale mando tanti auguri di buon compleanno) decise di venire al mondo creando un bel po’ di casino a tutti. Ai primi dolori per il parto imminente mio cognato Augusto partì a piedi per la Rocca a prendere la levatrice, cioè l’ostetrica. Ogni Comune ne aveva una ‘di condotta’ come il medico del resto. Dunque ‘la Signora’ (come la chiamavano tutti in segno di rispetto) arrivò accompagnata dai carabinieri insieme ad Augusto. Nel frattempo mia madre Michelina aveva provveduto a chiamare zia Lucia e zia Checchina, le due donne più esperte in fatto di parto le quali, fedeli al motto che dice “Lascia il fuoco ardente e corri a donna partoriente” erano subito accorse per aiutare. Zia Margherita intanto scaldava le fasce e metteva a bollire l’acqua. Al suo arrivo la levatrice si accorse subito che qualcosa non andava bene e chiese aiuto al dottor Scoccia che, arrivato dalla Rocca con gli sci, confermò la diagnosi e ordinò il ricovero in ospedale della povera Domenica. I carabinieri dalla Rocca allertarono il comando dell’Aquila per mandare una camionetta all’ ‘Arifrata’ ad aspettare la partoriente. Fra le urla di mia madre che invocava S. Anna perché aiutasse la ‘povera figlia me’ papà Guido mise il basto alla nostra mula Peppina che, essendo più forte dei cavalli, era la più adatta al trasporto in mezzo alla neve. Domenica, poveretta, fu caricata sulla sella e avvolta con coperte dalla testa ai piedi perché non prendesse freddo; papà e zio Ottavio tenevano Peppina per la cavezza. Augusto, più morto che vivo, cercava di consolare sua moglie, mentre mia madre piangeva confortata dalle donne e sgridata da papà perché la smettesse di frignare!!! Tutti gli uomini della Fonte spalavano la neve per aprire la strada fino la bivio per l’ ‘Arifrata’. Il corteo si avviò: sembrava la fuga in Egitto della Sacra Famiglia… Arrivati -come Dio volle- all’ ‘Arifrata’, Domenica passò dal morbido basto della mula alla soffice panca della jeep dei carabinieri! Una condizione strepitosa, no? Giunti finalmente in ospedale i medici si misero le mani nei capelli nell’apprendere lo svolgimento dei fatti. Intanto Mario, incurante di tutto, era nato ed era diventato subito una celebrità: ne parlarono la radio ed i giornali per giorni e giorni!!! Due anni dopo accadde quasi la stessa cosa anche per la nascita dell’altro figlio di Domenica, Ottavio. Era dicembre, c’era tantissima neve ed io ero appena tornata dall’ospedale, dove ero stata operata di appendicite. La mattina del 14 fui svegliata dai soliti urli di mia mamma che invocava un’altra volta S. Anna per la ‘povera figlia me’ cioè Domenica: l’ostetrica aveva deciso di far ricoverare un’altra volta mia sorella per il parto, che si presentava difficile. Non servì la mula stavolta. I carabinieri trasportarono direttamente la poveretta fino all’Aquila, passando per Rocca di Mezzo: un bel viaggetto non vi pare? Grazie a Dio -o a S. Anna?- Ottavio nacque senza problemi il giorno dopo. Per fortuna la terza figlia, Marsisa, nacque in primavera, quando la neve non c’era più… Qualche anno dopo il fatto si ripeté, ma non per un parto. Era inverno e la neve incombeva sulla Fonte. Silvano Rosa fu colpito da un violento attacco di appendicite. Si doveva operare al più presto, rischiava altrimenti la vita. Anche allora i nostri angeli furono i carabinieri. Alla Fonte atterrò un elicottero militare, fra la gioia e l’incoscienza di noi ragazzi, che non pensavamo al pericolo che correva Silvano, ma eravamo entusiasti all’arrivo del mezzo volante, visto per la prima volta. E così l’elicottero arrivò all’ ‘Aia dù Rosa’, caricò Silvano e lo portò in ospedale, salvandogli la vita.
Antonietta D’Ascenzo
A riguardo predetta memoria riceviamo e democraticamente pubblichiamo distinguo in merito alle circostanze che hanno preceduto la nascita di Mario detto “il rocchio”.
Da fonti più che attendibili
pare che sotto la casa di Domenica si fosse ammassato un folto nuvolo di
genti e altrettante bestie da soma. Tra questa moltitudine si doveva scegliere
l'animale più adatto ad assolvere un compito così delicato. La cavalla nera di
Cesare fu subito scartata perché "troppo fumosa" avrebbe potuto
disarcionare la povera partoriente con conseguenze presumibilmente
catastrofiche. L'ardua impresa fu affidata a Rosella, la cavalla di
Middiucc&, famosa per la sua mansuetudine e munita di una sella bianca
larga e confortevole. Le condizione climatiche, però, non permettevano una
facile passeggiata fino all' Ar'i Frata, allora fu composta una nostrana
"Compagnia dell' Anello", che aveva il compito di portare la
fanciulla in stato interessante fino alle antiche sponde del "leggendario
Lago di Trio". Capo cordata fu promosso Vincenzo Lucantonio in sella al
suo Giubbino, cavallo maschio dalla forza proverbiale ed unico in grado di
sfangare in mezzo alla neve alta. Ufficiale in seconda Agapito Lucantonio a
cavallo di Nina ed infine a chiudere il corteo c'era il Trafelato Augusto Rosa
che cavalcava la mula Peppina. I prodi riuscirono a portare a termine la loro
missione e il resto della storia è noto a tutti, infatti, Domenica arrivò in
ospedale sana e salva, il bambino nacque sano e forte. Tanto tempo è
passato da allora, ma una cosa è rimasta inalterata, la caparbietà di tutti i
fontanari nell'unirsi e superare qualsiasi difficoltà.
(Il pignolo)