Natale 2005

 

Sono in compagnia dei miei nipotini che preparano l’albero insieme ai loro genitori. La grande, Francesca di otto anni, è tutta eccitata, aspetta con ansia la nascita di Gesù, ma forse aspetta con più ansia i regali che riceverà dai genitori e dai nonni. Io invece, pur essendo felice della loro gioia, chissà perché ho un gran magone dentro il cuore. Ripenso ai Natali passati alla Fonte con i miei cari ed i miei amici. Ricordo la novena che precedeva il Natale. La sera in chiesa si recitava il Santo Rosario e si cantavano le canzoni dell’Avvento. C’era una canzone in particolare che era motivo di continue sgridate da parte dei nostri genitori… perché noi ragazze ne avevamo modificato il testo. La canzone diceva così: “Con Giuseppe e Maria madre pudica, il bambino Gesù ci benedica”. Sghignazzando noi invece cantavamo in questo modo: “Con Cesare, Maria e Margherita il bambino Gesù ci stennerica” (tradotto: ci faccia morire!) Non so ancora perché avevamo scelto i loro nomi, forse era perché andavano d’accordo in rima… La buona zia Margherita non si arrabbiava, anzi sgridava i nostri genitori dicendo loro che eravamo giovani e dovevamo divertirci… La sera della Vigilia, mentre le donne preparavano da mangiare e i vestiti per l’indomani, gli uomini ingannavano l’attesa nella cantina di ‘zia Lionora’ che, alle 23,30, li cacciava fuori perché andassero a Messa. Le vecchie andavano in chiesa munite di uno scaldino di coccio pieno di brace perché là, come del resto in casa, non c’era il riscaldamento ed era sempre freddo. Le nostre mamme prendevano posto negli ultimi banchi, mentre gli uomini usciti dalla cantina un po’ alticci dicevano sciocchezze da ubriachi, come di vedere due preti oppure nessuno, con grande disappunto dell’assemblea. Noi giovani cantavamo vicine all’altare accompagnando l’organo suonato da mio fratello Raffaele. Nel giorno di Natale tutte le case erano aperte e ci scambiavamo gli auguri; i nostri regali erano arance, mandarini e fichi secchi, poche cose insomma, ma la magia di quei giorni è indimenticabile. Noi giovani finivamo i festeggiamenti andando a ballare in qualche casa messa a disposizione dai nostri cari, che ci seguivano, credo per controllarci… Altri tempi, dicono i giovani d’oggi, ma questa è un’altra storia, che racconterò la prossima volta.

Antonietta D’Ascenzo