LE “FURASTIERE”
Venivano chiamate così quelle donne di altri paesi che, sposando i fontanari, erano poi venute ad abitare alla Fonte. Per distinguerle dalle fontanare ai loro nomi si aggiungeva un aggettivo che ricordava la loro provenienza. E così vennero alla Fonte Lisa, Maria e Carmela dette ‘le teramane’; zia Lionora, la ‘gnora Maria’ e Assuntina ‘le Campanare’ (perché venivano da Campana), Angelina detta ‘la tionese’ (da Tione); zia Annina ‘la formetta’ (da Le Forme), Santina ‘la romana’, Maria ‘la pescarese’ … e tante altre ancora che ora non ricordo e me ne scuso. C’erano anche uomini venuto da fuori e di questi si diceva con cattiveria che… avevano appeso il cappello al chiodo cioè non comandavano in casa perché succubi delle mogli!!! Ai giorni nostri le forestiere sono aumentate. La Fonte è diventata, per così dire, multiculturale e se è vero che ‘chi si somiglia si piglia’ sono diventate più fontanare di noi e, come gli uomini ‘forestieri’, innamorate della Fonte e delle sue tradizioni. Nella mia famiglia ci sono state quattro donne venute da fuori. In realtà due provenivano dall’Altipiano quindi non erano proprio forestiere: si trattava di Amelia, moglie di Santino e di Maria, moglie di Fulvio. Altre due invece provenivano da città diverse e lontane. Sono entrate nella mia famiglia ‘in punta di piedi’ e con grande umiltà, ma col tempo ci hanno regalato affetto e sostegno concreto, insieme ad usanze e modi nuovi che ci hanno molto arricchito. Si tratta di Olga, moglie di Francesco, venuta da Teramo e dell’altra mia cognata, venuta addirittura dal nord, dalla lontanissima Brescia: era Paola, moglie di Raffaele. Ricordo ancora le parole di mia mamma che commentava la notizia del fidanzamento col parroco don Guido: “Purella ammì, propria una da casa du’ diavol& me teneva capità. Chissà che civetta sarà!” Mai previsione fu più sbagliata. Con il suo bel viso sorridente e la sua dolcezza ci conquistò subito e, pur venendo da una famiglia di condizione sociale superiore alla nostra, imparò con intelligenza i nostri modi e le nostre usanze, addirittura il nostro dialetto, come se fosse stata sempre con noi. Ricordo ancora il suo imbarazzo quando ci vide preparare gli ‘spizzichi’; mi raccontò poi che si era chiesta come avrebbe fatto a mangiarli… Invece li mangiò ed imparò anche a farli con grande maestria. Cara Paola, da quando non ci sei più le nostre estati alla Fonte non sono state più le stesse ed anche la nostra famiglia appare più triste, privata della tua allegra e conciliante presenza. Anche l’altra mia cognata, Maria, ci manca tanto: la sua stracciatella era veramente speciale e ancor oggi Mirella ricorda le sue irripetibili patatine fritte!!!! Un capitolo a parte merita però un’altra forestiera veramente speciale. Si tratta di Osiride, moglie di Camillo D’Ascenzo. Si erano conosciuti a Scortichino, in provincia di Ferrara dove, come tanti altri uomini della Fonte, era andato in cerca di lavoro. Là Camillo aveva trovato anche la moglie, Osiride appunto, una donna di umili origini ma dotata di una forte personalità. Lei aveva conosciuto la repressione fascista prima e le lotte sindacali dopo la guerra poi, partecipando anzi alle rivendicazioni di quegli anni. Insomma era ‘una rossa e mangia-preti’, una comunista appunto. Immaginate cosa rappresentò per noi donne della Fonte il suo arrivo negli anni Cinquanta, con la sua esperienza politica e l’Unità sotto il braccio! La ricordo ancora seduta davanti alla casa di Olga, attorniata dalle donne fontanare scandalizzate perché credevano ancora che i comunisti… mangiassero i bambini. Ricordo che l’ascoltavo raccontare, del tutto affascinata e mai avrei immaginato che un giorno sarei andata a vivere nella città ‘rossa’ per eccellenza, a Bologna, partecipando anch’io alle battaglie sindacali dei miei anni. Forse Osiride capì presto che alla Fonte non poteva vivere e così tornò col marito al suo paese, dove poi furono raggiunti da altre fontanare che trovarono là il lavoro e il matrimonio. Ricordo che, appena sposata, io e Giovanni andammo a trovarla a Scortichino. Qui Osiride ci accolse con gioia e sapete cosa ci chiese per prima cosa? Se le donne della Fonte credevano ancora che i comunisti mangiassero i bambini. E rivolta a Giovanni disse con affetto: “Mannaggia a te, celerotto! Per amore tuo, per venirti a trovare, m’è toccato pure mettere i piedi in una caserma!!!!”
(Antonietta D’Ascenzo)