LA
LEGGENDA DEL LAGO DI TRIO
Verso la sesta ora la processione uscì dalla chiesa
con ostentato splendore per le vie cosparse di fiori e le finestre addobbate di
coperte nuziali. In quell'anno i buoni Fontanari, per
l'abbondanza dei raccolti, festeggiavano la Madonna di mezzo agosto con
insolita solennità. Tutti avevano concorso per una buona riuscita della festa e
tutti vi partecipavano con devozione. Mancavano solo i garzoni del Massaro che, proprio in quel giorno benedetto, aveva voluto
trebbiare nell'aia di Trio. L'avidità di ricchezza del Massaro
era nota per tutte le borgate circostanti. Essa lo aveva
conquistato fin da giovane e con l'andar degli anni gli aveva soffocato
ogni altro sentimento. Per questo non aveva mai tempo di andare in chiesa. Vi
si recava solo alla Candelora per prendere le candele e nella Domenica
delle Palme per prendere l'olivo. Accendeva le candele alle bestie malate
affinché guarissero e metteva i ramoscelli d'olivo benedetto nei
seminato acciocché crescessero rigogliosi e la grandine ed il fuoco vi
fossero lontani. Era avaro al punto tale che per non spendere tiranneggiava se
stesso. Non amava la caccia, il gioco, il divertimento. Non aveva amicizie, non
rispettava parentele, non faceva elemosine; tanto è vero che fra' Bernardino,
che era un sant'uomo, quando si recava al paese per
la questua non si arrischiava mai a bussare alla sua porta e a tutti diceva: -
State lontani dal Massaro perché è senza Dio e presto
andrà in rovina -. Così in quel mezz'agosto, contro ogni usanza, aveva iniziato la trebbiatura onde poi essere libero per
condurre le sue bestie alla fiera del Perdono. La sua aia di Trio, vasta come
una piazza, era cinta da un largo muro e circondata da alti pioppi alla cui ombra i trebbiatori consumavano i pasti frugali. Una rustica
e bassa costruzione attigua all'ingresso serviva da cucina e da dormitorio ai
trebbiatori. In quel giorno una vecchia e sudicia serva, con la veste
rimboccata alla cintola, vi faceva cuocere della carne di pecora per gli uomini
e fin dal mattino, sopra un rozzo tavolo, per metà coperto di cipolle e di
verdure, aveva affettato del pane e della ventresca affumicata. Quella
volta l'aia era piena di enormi biche di grano. Fin
dalle prime luci dell'alba di quel dì dell'Assunta, mule e cavalli trottavano
in giro; i trebbiatori, per lo più Ocresi
e Lucolani, storditi dal caldo e dal vino, che bevevano da piccoli fiaschi di legno, tacevano. Solo il cavallaro, che teneva le trecce, fischiava e vociava
per incitare le bestie. E, come d'improvviso, in quel silenzio degli uomini e
delle cose, giunse loro il suono armonioso e grave delle campane, Nunzio
Cancelli disse: - Esce la processione. Per rispetto
alla Madonna sarebbe il caso di fermare le bestie! - Il Massaro
lo guardò torvo. - Bravo! - gli rispose - li ho forse rubati i
soldi con cui vi pago? L'ho forse rubata la minestra e la carne che vi do da
mangiare? Svelti, fannulloni scansafatiche!- Nunzio Cancelli
e gli altri buoni Fontanari si pentirono di essere intervenuti a
trebbiare in quel sacro giorno, ma purtroppo dovevano far capitale sulle
proprie braccia per guadagnarsi il pane! Ad un certo punto parve loro che
le campane avessero raddoppiato il suono e il coro salmodico
dei frati gli giunse nitido e distinto: Ave, maris
stella....All'udire il canto i trebbiatori pensarono
che la processione avesse raggiunto il colle e così per meglio vedere si
portarono sopra una vicina altura. Il cavallaro fermò
le bestie e li raggiunse. Il Massaro,
restato solo, imprecando come un turco. Il corteo spuntava allora dalle
saliere e si dilungava sul colle. Lo spettacolo era grande! Una specie di
rapimento mistico prese quelle anime semplici! Nunzio Cancelli si tolse il
cappello, si inginocchiò, si segnò e prese a recitare
le litanie della Vergine ad alta voce. Gli altro lo
imitarono. Anche il Massaro
recitava le litanie ma in modo tutto suo. -Il prossimo anno - infine gridò -
per aiuto voglio il diavolo piuttosto che i cristiani almeno....Non
ebbe tempo di terminare la frase che, con un boato enorme la terra fu scossa
violentemente e sotto gli occhi esterrefatti dei trebbiatori oranti, l'aia per
quanto conteneva, fu inghiottita da una voragine immane ed al suo posto
comparve un lago! Lo spavento sopraffece quei semplici, il terrore della
tragedia li invase, rimasero a guardare il lago con gli occhi sbarrati, fissi,
muti. Solo la vecchia serva , con le mani ai capelli,
gridava: Oh Vergine Assunta! Oh Vergine Assunta benedetta! Poi, fuggirono a
precipizio verso il paese. Tanto tempo é trascorso da quel giorno! Il lago si è
ormai prosciugato. Ma ogni anno, ai 15 di agosto,
quando la processione raggiunge le saliere, chi ignaro del fatto un dì
accaduto, si trova a Trio, nei pressi dell'antico lago, ode ancora i fischi del
Massaro che incita le bestie. Questa è la leggenda
del lago di Trio che nelle lunghe serate d'inverno, quando nelle fumose cucine
ci si radunava attorno ai grandi fuochi, i cari vecchi erano
soliti raccontarci.
(di Gustavo Rosa - tratto dalla guida artistica
di fonteavignone)