L'INFINITO
‘Sempre caro mi fu quest’ermo
colle…’ recita
mia nipote Francesca studiando ‘L’infinito’, la celebre poesia di Leopardi. Io
ascolto stirando i panni e modifico i versi e i colli. Veramente non ho mai
visto i colli citati dal poeta, non so se sono più belli o più brutti dei
nostri. ‘Sempre caro mi fu il sorgere del sole dietro la
Maiella ed il cielo di un azzurro che non ha eguali’
- credo, in nessun altra parte del mondo- il canto dei galli, il
cinguettio degli uccelli, il suono della campana piccola che annunciava il
nuovo giorno e la voce di mamma che invitava ad alzarci. Ho
rivissuto quelle emozioni mai dimenticate, le ho sentite esplodere
dentro di me e riempirmi il cuore di nostalgia. A quelle immagini di ieri, si
sono sovrapposte quelle della Fonte di oggi,
impacchettata a causa del terremoto che ha distrutto la nostra città e i nostri
paesi, poi le case chiuse e quelle aperte abitate da poche persone per lo più
anziane e tutto il mondo della mia infanzia scomparso. La certezza che niente sarà più come prima mi ha fatto sentire una traditrice per
essermene andata via e, nello stesso tempo, tradita, perché il mio paese non
era rimasto lì ad aspettarmi restando così come lo avevo lasciato. Francesca ha terminato il suo compito, ha iniziato ora gli esercizi di
pianoforte. Le note del valzer della ‘Vedova allegra’ si sono sparse per
la casa. La vita va avanti, mi sono detta. La Fonte,
L’Aquila e gli altri paesi torneranno a riempirsi di gente. La malinconia è
scomparsa e io ho finito di stirare.
(Antonietta D'Ascenzo)