FRANCESCO
U PUSTIN& E ALTRE STORIE
Fra tanti personaggi più o
meno famosi del nostro altipiano ce n’è uno un po’ dimenticato che vorrei far
conoscere alle nuove generazioni che, armate di telefonini e tutte le altre
diavolerie moderne, non sanno come fosse la nostra vita di allora. Si tratta di
Francesco Di Corpo, conosciuto e ricordato come Francesco ‘u
pustine’. Abitava a Terranera ed era uno dei postini
in servizio presso l’ufficio postale di Rocca di Mezzo. Tutti
i santi giorni -esclusi naturalmente i festivi- col sole, la pioggia o la neve
partiva a piedi dal suo paese diretto all’ufficio postale; dopo aver prelevato
la posta, sempre a piedi (solo più tardi avrebbe usato la bici) distribuiva la
posta a Terranera e poi alla Fonte. Se stava poco bene o per qualche
altro motivo, era sostituito dalla sua mamma, che spesso veniva
aiutata da Settimia, la padrona ‘dell’Appalte’ come noi chiamavamo la
sua bottega. Lo ricordo gentile, disponibile e discreto. Non avevamo il
telefono, si comunicava solo con le lettere e il postino era atteso con ansia
da chi aveva i propri cari lontani per motivi di lavoro; noi ragazze invece
aspettavamo qualche cartolina o lettera dai nostri spasimanti, sperando che
nella lettera ci fosse la famosa ‘dichiarazione’ cioè
la richiesta di fidanzamento da parte dell’innamorato di turno. Naturalmente i
nostri genitori non dovevano sapere dell’arrivo di quelle missive, perciò
chiedevamo aiuto a Francesco perché mantenesse il segreto, pregandolo di
consegnarcela personalmente, cosa che lui faceva e, se non ci vedeva, riportava
indietro la lettera consegnandocela il giorno dopo. Ma come era
bello ricevere quella posta! C’era in quelle lettera
una magia che sono sicura non esista in tutti gli SMS di oggi! Oltre alla
posta, Francesco ci portava anche le riviste: ‘Sorrisi
e canzoni’, ‘Intimità’, ‘Grand Hotel’. Soldi ne avevamo
tutte pochini, perciò compravamo le riviste a turno e poi ce le scambiavamo io
e Franca, Arcangelina, Angela e Wanda. La casa di Wanda
era il luogo dove io scappavo appena potevo per leggere in santa pace. A casa
mia c’era papà che era un formidabile lettore, mamma invece non amava leggere e
brontolava con me che invece avevo la stessa passione di papà, perché secondo
lei toglievo tempo al lavoro... così io avevo
escogitato un trucco: nascondevo sotto ‘u zinale’ i libri e i giornali e
leggevo senza che lei mi vedesse. Almeno così credevo, scoprendo solo più tardi
che invece sapeva tutto, ma si sa le donne di una volta dovevano fare solo le
massaie e lei doveva mantenere la sua autorità… “se non sapete accendere il
fuoco e non sapete cucinare ecc.. non troverete
marito… e poi le suocere vi diranno: "chi vi ha allevato?” diceva sempre.
Per poter comprare quelle riviste quando era il mio turno senza farlo sapere a
mamma, mi ero accordata con Antonietta la giornalaia di Rocca di Mezzo:
in cambio di uova lei mi mandava le riviste tramite il
postino Francesco. Mamma naturalmente non doveva sapere… ma invece lo
sapeva e taceva, quante cose si scoprono col senno di
poi! Ricordo con nostalgia le lunghe sere d’inverno vicino al
fuoco in compagnia dei miei fratelli e cugini: noi donne a cucire e papà che ci
leggeva i Promessi Sposi e la Divina Commedia, che lui conosceva a memoria.
Però ricordo anche la noia: come potevamo noi così
piccoli capire libri così difficili? Don Guido, il nostro parroco
allora, non credeva che una persona che non aveva studiato potesse sapere a
memoria la Divina Commedia. Una volta scommise con Gustavo, mio fratello
Raffaele, Aldo e Angelino che avrebbe fatto cadere mio
padre in errore. Così una sera si riunirono a casa per la prova. Con il libro
in mano, aperto a caso, interrogava mio padre Guido che puntualmente
recitava il canto richiesto. Don Guido ancora lo racconta quando ci
vediamo in estate: perse la scommessa ma la serata si concluse
con tanta allegria e una mangiata di pizze fritte, che nel frattempo mia
sorella Domenica, Bice e Angelina avevano provveduto a
cuocere. E mi sembra di sentirne ancora l’odore.
(Antonietta D'Ascenzo)