CIAO PICCOLO PRETE

 

Non ho mai voluto raccontare a nessuno questa storia e l’ho sempre tenuta ben nascosta nel mio cuore.

L’ho faccio ora esclusivamente per tutti coloro che non sanno che cos’è stata la guerra, cos’è successo dopo l’armistizio del 3 settembre 1943. L’Italia fu invasa dai tedeschi che seminarono sgomento, paura, odio e purtroppo morte. In quel periodo ero in seminario ed avevo 16 anni; per timore dei frequenti bombardamenti il Vescovo Carlo Gonfalonieri decise di chiudere il seminario rimandandoci tutti a casa. In quei giorni la stazione ferroviaria dell’Aquila a causa della presenza di un treno in deposito fu bombardata dagli alleati. Purtroppo quel treno risultò essere carico di prigionieri americani, inglesi e russi e venne quasi interamente distrutto. I pochi che riuscirono a scampare al bombardamento si rifugiarono nei paesi vicini. Alla Fonte ne arrivarono parecchi e tutto il paese si adoperò per cercare di aiutarli, sistemandoli come potevano nelle stalle e nei rifugi scavati nella montagna. Una domenica ero in chiesa per sistemare alcune cose, ed essendo seminarista vestivo l’abito da prete. Si presentarono due giovani chiedendo di poter parlare  con il parroco che allora a Fonteavignone era don Vincenzo D’Amico. Lo chiamai immediatamente. I due giovani si presentarono dicendo di essere prigionieri slavi ed ebrei, chiedendo di essere aiutati. Furono immediatamente accontentati e rifocillati. Nei giorni successivi capimmo che si trattava veramente di due bravissimi giovani. Uno faceva il sarto mentre l’altro era studente di medicina. Trovarono subito un lavoro; il sarto era talmente bravo  che qualsiasi pezzo di stoffa si ritrovasse fra le mani lo trasformava in pantaloni o giacche realizzando tutto ciò che la gente gli chiedeva. Ma la loro felicità era destinata a terminare. Un giorno arrivò in paese una macchina dalla quale scesero una donna e due uomini che vollero parlare personalmente con il parroco. Il dialogo tra loro durò un bel po’; si presentarono come amici degli americani, affermando che tutti i prigionieri che venivano loro affidati sarebbero stati salvati ed ovviamente fatti tornare nel proprio paese di provenienza. I due prigionieri, presenti in incognito al colloquio, ovviamente allettati dalla proposta e dalla possibilità di tornare a casa, decisero di accettare l’offerta e di andare con loro. Se pur titubanti non potemmo far altro che adeguarci alla decisione e li salutammo con molto rammarico e con la speranza che potessero realmente realizzare il desiderio di ritornare a casa. In quel tempo per non perdere l’anno scolastico quasi tutti i giorni andavo a Rocca di Cambio a ripetizione da don Giovanni Santarelli, ovviamente sempre vestito da prete. Un giorno, prima di arrivare al bivio (allari frata), con mio grande spavento mi fermarono due uomini, uno dei quali disse: “Ciao piccolo prete non avere paura siamo amici!! Siamo due partigiani. Io mi chiamo Lupo e sono il comandante”. Con le lacrime agli occhi e con grande rabbia aggiunse “Avete consegnato quei due bravi giovani a quella donna!!! Sai chi è? E’ una spia tedesca ma ti assicuro che un giorno la troveremo. Purtroppo non abbiamo mai saputo che fine hanno fatto i due ragazzi; in compenso però abbiamo appreso dai partigiani che quella donna fu catturata ed impiccata ad un albero. Dopo la fine della guerra presi servizio come impiegato presso il Distretto Militare dell’Aquila. Un giorno, precisamente il 24 settembre 1959, si presentò nel mio ufficio un generale pilota. Mi salutò militarmente ma subito dopo iniziò a fissarmi intensamente negli occhi finché ad un certo punto prese la mia mano stringendola fortemente e mi disse commosso: “…ti ho cercato tanto ma finalmente ti ho trovato. Ciao piccolo prete, io sono Lupo!!!”. Rimasi  esterrefatto, mi alzai di scatto dalla poltrona e fortemente emozionato lo abbracciai. “Sai – continuò – anche io ho un piccolo ma grande prete: mio figlio Vescovo in Vaticano”. Detto ciò salutandomi ancora militarmente si voltò e andò via.

(Raffaele D’Ascenzo)